venerdì 26 ottobre 2012

LINGUA INGLESE: ITALIANI I PEGGIORI D'EUROPA



clicca sull'immagine per vedere tutta la classifica EPI

In Europa siamo noi, insieme ai Russi, quelli che parlano peggio inglese. E' quanto emerge dal rapporto 2012 EF Education First English Proficiency Index (EPI), pubblicato da EF Education First, la nota organizzazione internazionale specializzata nella formazione linguistica e accademica nata nel 1965 con l'obiettivo di "abbattere le barriere linguistiche, culturali e geografiche nel mondo".

È l'organizzazione internazionale più diffusa e potente nel settore dei corsi di lingue all'estero, viaggi di studio, percorsi accademici e programmi di scambio culturale, con una rete di 400 scuole e uffici in tutto il mondo. E il rapporto EPI è la più ampia ricerca comparata in questo settore a livello internazionale, basata su un campione di 1,7 milioni di persone in 54 Paesi che ha consentito di valutare il livello di conoscenza dell'inglese tra gli adulti nel mondo. O meglio, in quella parte di mondo che gliene frega qualcosa, dell'inglese. 

La prima edizione del è stata pubblicata nel 2011: L'EF EPI è basato su test di grammatica, vocabolario, lettura e comprensione orale.

mercoledì 24 ottobre 2012

THE POLITECNICO OF MILANO: L'ABBANDONO DELL'ITALIANO



collegamento all'articolo di Sean Coughlan tradotto in italiano

Il Politecnico di Milano annuncia che entro il 2014 la maggior parte dei corsi saranno tenuti in lingua inglese.

Il professor Azzone, Rettore dell’università, sostiene che questa è una decisione vitale per la sua università. “È estremamente importante: al momento ci sono due scelte. Restare isolati nel proprio paese – il che non è realistico in un mondo globalizzato. L’altra opzione è aprirsi e essere capace di lavorare in un contesto internazionale. O la nostra università lo capisce oppure il nostro Paese diventerà isolato, cosa insopportabile per una nazione come l’Italia.”

È quindi una scelta obbligata, volenti o nolenti la lingua italiana ha fatto il suo tempo, e se oltre 60milioni di persone ancora non l’hanno capito, sarà meglio imporre (imporre!) la lingua che è doveroso parlare. Giusto? Per lavorare in un contesto internazionale bisogna soprattutto scrivere in inglese, non tanto valorizzare e finanziare la scuola e l’università. Per questo progetto saranno stanziati ben 5 milioni di euro; che meglio di così non potevano proprio essere spesi.

In realtà l’abbandono della nostra cultura pare un peccato persino agli inglesi: “Italy might have been the cradle of the last great global language - Latin - but now this university is planning to adopt English as the new common language” commenta Sean Coughlan, corrispondente della BBC.

lunedì 22 ottobre 2012

LA FORNERO: "CHOOSY" È SE VI PARE...



Elsa Fornero in versione 'choosy'. (clicca sull'immagine per il video)

È di oggi pomeriggio l’esternazione del ministro del Lavoro Elsa Fornero, secondo cui i giovani sarebbero troppo choosy.

Col tono della vecchia nonna che dall'alto della sua esperienza ci redarguisce su come va il mondo il ministro consiglia ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro: 

«Non bisogna mai essere troppo “choosy”, meglio prendere la prima offerta e poi vedere da dentro e non aspettare il posto ideale».

Esatto, ha detto proprio così: choosy, e tutti i giornali si sono affrettati a tradurre "schizzinosi". Molto meglio choosy di “schizzinosi” nevvero? Intanto lasci l’ascoltatore almeno per un attimo interdetto da una parola così poco comune – talmente poco comune che si direbbe non sia italiana! – e poi passi pure per uno che ha una grande competenza linguistica.

Questo è in realtà il secondo strafalcione del ministro, che in quanto a esternazioni pubbliche, pare, non ne azzecchi una. Già durante il suo primo discorso in pubblico da ministro si mise a piangere, ma il suo primo vero inciampo fu qualche mese dopo, quando se ne uscì con l’espressione “paccata di miliardi”.

Ecco che allora oggi la Fornero, con choosy, chiude il cerchio e ci dà occasione per parlare del suo linguaggio, che è poi comune a tutta la classe dirigente.

domenica 21 ottobre 2012

PARROCO AGGREDITO DAL PREFETTO DI NAPOLI. LA QUESTIONE DEI 'TITOLI' IN ITALIA



don Maurizio (a destra) aggredito verbalmente dal "signor" DeMartino (col dito alzato)

Il video che da qualche giorno fa il giro della rete e ha suscitato una valanga di appoggi al parroco “anticamorra” Don Maurizio Patriciello è rappresentativo della nostra società su più livelli. 

(clicca sull'immagine per guardare il video)

Innanzi tutto, la mente non può non andare a un altro recente episodio: la presidente della regione Lazio Renata Polverini che blocca il traffico, prende una via contromano con la sua bella auto blu… per andare a far compere in un negozio di scarpe. Insomma, ormai anche i più sprovveduti vedono che l’atteggiamento della classe dirigente, e dei politici soprattutto, è arrivata a un arroganza tale da non essere più accettabile. Tanto più quando, come nel caso delle scarpe e in questo del buon prete, la prepotenza si consuma in modo del tutto gratuito, per motivi futili. Il che la rende ancora più offensiva.

Nessun motivo infatti poteva essere più futile, e arrogante, di quello sollevato dal prefetto De Martino: offeso dal’appellativo “signore”. Evidentemente, sentendosi in difficoltà per la gravità dei problemi sollevati dal parroco, ha sentito il bisogno di fare appello alla sua presunta superiorità in quanto rappresentante delle istituzioni: per questo continua – Sgarbi docetper più di un minuto, nonostante le ripetute e umili scuse del prelato , la sua aggressione verbale.

Questa di rispondere gridando, e attaccando la forma, invece del contenuto, è una meschinità tipica dei dibattiti televisivi, e, vediamo da questo video, anche quotidiani. Questo è purtroppo indicativo di una decadenza linguistica che non è meramente lessicale, ma addirittura semantica, una carenza di pensiero: non si è in grado di sostenere dei discorsi ad un livello di coerenza minimo richiesto da qualunque mente non totalmente sprovveduta.

Ma dato che i prefetto fa un obiezione sulla forma, ci invita a nozze; e gli rispondiamo in questo campo, per filo e per segno.

sabato 20 ottobre 2012

NO MONTI DAY (MA CHE FANTASIA!)


Dopo il No Berusconi Day, e l' Occupy Roma, e gli indignados/indignati, arriva il No Monti Day, corteo che il 27 ottobre partirà da piazza della Repubblica a Roma.

Non sono qui per discutere sui meriti di queste manifestazioni, ma per chiedermi: "quand'è che faremo una manifestazione vera?"

E per vera intendo "sincera", cioè nella nostra lingua, oltre che ideata da noi, nostra. Così avremo, forse, la forza dialettica unitaria e identitaria per portare avanti dei punti fermi. Perché il Movimento 5stelle, che ha tanto seguito, ha un nome italiano? Perché i cosidetti grillini parlano di "rete" e non di "internet"?

Sono pronto a scommettere (ma è indimostrabile) che c'entra qualcosa il parlare italiano (anche "basso") col successo di Grillo. Più in generale: parlare chiaramete la ligua di chi ti ascolta, aumenta le probabilità che costui ti ascolti fino in fondo. Non è una regola ovvia della comunicazione linguistica?

Questa ennesima manifestazione allora - scommettiamo? - porta già in sè il germe della sconfitta, della dissoluzione rapida. Lo porta nel suo nome "falso", non sincero. Così come le precedenti che si sono risolte nel nulla, in scontri prima e in presidi di pochi e inascoltati attivisti poi. 

Questa è l'enesima manifestazione che non ha alcun senso se non quello della valvola di sfogo. Ormai in Italia le manifestazioni politiche hanno il ruolo sociale del carnevale nelle società antiche e medievali: far sfogare il popolo per evitare proprio che si ribelli durante l'anno alle regole ferree e dittatoriali della classe dominante. E se ci saranno gli scontri previsti dalle forza dell'ordine (ma ormai gli scontri li prevedono sempre, un po' per non avere responsabilità eventuali, un po' per poter attaccare per primi), non avranno altro significato che il far sfogare i più giovani. 

Non sono per la violenza; ma se si vuole fare una rivoluzione questa serve: ma non una giornata di rottura di vetrine (e di coglioni): serve una lotta continua organizzata e in tanti. Cosa che in italia non si è MAI vista, e non si vedrà adesso.

Sono pessimista? si vedrà dopo il 27 Ottobre. La mia opinione è che questa manifestazione non convince se non una minoranza dei suoi stessi partecipanti; e una delle cause, oltre alla serpeggiante sfiducia nella democrazia, è proprio il suo titolo straniero, anzi "strano".

Ant.Mar.

TRISTEZZA, LA "PAROLA DEL MESE"

Nell'ultima settimana mi è capitato un fatto strano su questo giornaletto, e vorrei condividere l'interpretazione, probabilmente sbagliata, che ne faccio.

La media di visite per ogni articolo pubblicato in questo spazio è di 6-10 visite; i primi anche meno. Ma nelle ultime settimane proprio uno di questi articoli, vecchio e neanche interessante, è stato visitato più di 200 volte!

Inizialmente mi sono preoccupato, ho pensato a qualche spam o roba del genere. Ma poi sono andato a vedere l'origine del traffico e ho scoperto che la maggior parte di visitatori arrivati sul mio articoletto aveva cercato "tristezza" su google immagini; e moltissimi altri avevano cercato frasi contenenti la parola "tristezza". 

Ma uno spazio sconosciuto e praticamente senza lettori, come questo, come fa ad essere trovato più di 100 volte in due settimane? Dovevano essere proprio tanti quelli che hanno cercato "tristezza"! Cerco a mia volta la parola sulle immagini di google, e scopro che quella che è collegata alla mia pagina è la 14° a comparire su più di 70milioni di immagini. Pazzesco, no?

E allora, "la parola di questo mese è tristezza".

Tanti, moltissimi, troppi italiani tutti insieme, questa è la mia idea, nell'utimo mese hanno cercato espressione del loro stato d'animo su Google.it, come su un oracolo. Non lo facciamo tutti in fondo?

Brutti tempi. Anzi, tristi.

Ant.Mar.

venerdì 19 ottobre 2012

MR BEAN CONTRO IL POLITICAMENTE CORRETTO


Rowan Atkinson nei panni di Mr Bean
Rowan Atkinson, il noto attore inglese che interpreta Mr Bean (e molto altro), è sceso in piazza, davanti al parlamento di Westminister, per protestare contro l'eccesso del politicamente corretto nel suo paese.

Infatti a causa della sezione 5 del Public Order Act, del 1986, intitolata: Act outlaws threatening, abusive and insulting words or behaviour, negli ultimi anni si sono susseguite una serie di arresti e condanne assurde: ad esempio un ragazzino di 16 anni per aver abbaiato a un cane, è stato trascinato di fronte al giudice. (cfr immagine)

XII SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO. LO SAPEVATE?



il tema della XII edizione è: Italia dei territori e Italia del futuro
Si sta per concludere la dodicesima Settimana della lingua italiana nel mondo. Ne sapevate qualcosa?

Questa iniziativa, ideata dal grande linguista Francesco Sabatini nel 2001, allora presidente dell’Accademia della Crusca, e “nata nel 2001 da una felice intesa tra il Ministero degli Esteri e l’Accademia della Crusca, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica” si svolge da allora ogni anno nella terza settimana di ottobre.

L’intento sarebbe quello di promuovere, attraverso iniziative in tutto il mondo, l’uso e lo studio della lingua italiana. Ogni anno un tema viene scelto e viene svolto autonomamente dai vari Enti che partecipano (associazioni culturali, consolati, scuole, università ecc).

Uno dei momenti clou della manifestazione è una grande videoconferenza, un momento di scambio culturale su larga scala, che coinvolge Enti e Istituti da ogni angolo del globo. Inoltre ogni anno, nell'ambito della Settimana, viene anche indetto il concorso "Scrivi con me", riservato agli studenti delle scuole medie superiori italiane e bilingui all’estero, supervisionato e patrocinato di volta in volta da una diversa personalità di spicco del mondo della cultura italiana.”

mercoledì 17 ottobre 2012

ITALIANO A RISCHIO ESTINZIONE VIRTUALE (E REALE?)



“SONO RISULTATI ALLARMANTI”, afferma Hans Uszkoreit, coordinatore di Meta-Net. “La maggior parte delle lingue europee non dispone di risorse sufficienti e alcune sono quasi completamente ignorate. Molte di esse non hanno futuro”.

Si riferisce ai risultati della ricerca svolta dall’Istituto di linguistica computazionale del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ilc-Cnr) e dalla Fondazione Bruno Kessler (Bernardo Magnini e Manuela Speranza), rappresentanti italiani dello studio più ampio coordinato da Meta-Net, documentato in 30 volumi disponibili in cartaceo presso Springer e in linea sul sito Meta-net (clicca sull'immagine) e a cui hanno lavorato più di 200 esperti che hanno analizzato 21 lingue europee.

RISULTA infatti dal rapporto intitolato La lingua italiana nell’era digitale che l’italiano, insieme ad altre lingue europee, nonostante la ancora forte presenza in rete, rischia seriamente di scomparire, a favore soprattutto dell’inglese. Ne sia prova quel "digitale" nel titolo della stessa ricerca...

La percentuale di pagine web in italiano a livello mondiale è raddoppiata passando dall’1,5% nel 1998 al 3,05% nel 2005”, spiega Nicoletta Calzolari dell’Ilc-Cnr. “È stato stimato che nel 2004 in tutto il mondo ci fossero 30,4 milioni di parlanti italiani online. Al di fuori dei confini dell’Unione Europea, parlano italiano 520.000 americani, 200.000 svizzeri e 100.000 australiani. Il numero di navigatori italiani negli ultimi cinque anni è però rimasto stabile, contrariamente il numero di quelli dei paesi in via di sviluppo aumenta notevolmente, cosicché la proporzione di coloro che parlano la nostra lingua subirà una forte diminuzione e potremmo andare incontro a un rischio di sotto-rappresentazione, specialmente in confronto all’inglese”.

E si tenga conto che l’italiano è ancora una lingua prestigiosa, di un paese che ancora conta qualcosa, ameno per l’immagine "prestigiosa" (cultura, arte, architettura, storia, paesaggi... ma anche il tartufo il parmigiano il vino ecc), nel mondo. La situazione di lingue come il lituano, o il basco, è al di là del rischio; queste lingue praticamente non sono rappresentate nella rete, "si collocano tra le lingue ad alto rischio. All'estremo opposto si trova l'inglese, seguito da olandese, francese, tedesco, italiano e spagnolo, con 'supporto modesto'. Nessuna lingua, però, ottiene 'supporto eccellente''

Ottimista: mi viene da pensare come prima cosa che, in fondo, internet non è che lo specchio, con meno pudore forse e meno responsabilità, del mondo. E allora l’Italia essendo un paese piccolo, l’italiano essendo una lingua poco importante per la comunicazione internazionale, insomma, mi viene da pensare che semplicemente l’italiano è poco rappresentato come lo è nella realtà, in cui pochi lo parlano. Insomma, le persone che parlano l'inglese come prima lingua sono molte di più degli italiani. 

Pessimista: se tutti i siti italiani, come sta succedendo piano piano, cominciassero ad abbandonare l'italiano? Già vediamo che moltissimi termini tecnici legati all'informatica - e non solo - sono presi di peso dall'inglese... così si impoverisce la lingua, non usandola. Questo sta già avvenendo.

“Il dato è preoccupante”, dice Claudia Soria dell’Ilc-Cnr, “perché dal momento che le tecnologie linguistiche usate in Internet si basano su approcci statistici, se i dati messi a disposizione in una lingua sono pochi, si innesta un circolo vizioso: pochi dati, tecnologie di bassa qualità, ulteriore limitazione dell’uso di quella lingua”.
tutte le lingue europee

Allora il problema non è tanto nella presenza effettiva; anche se molti italiani non hanno ancora accesso ad internet, e che l’accesso alla rete in Italia è costoso e noioso. Secondo i dati raccolti dai ricercatori, la penetrazione del web in Italia si attesta al 51,7%, con 30 milioni di internauti (circa il 6,3% di quelli dell’Ue) su 58 milioni di cittadini: la loro crescita è stata del 127,5% tra il 2000 e il 2010.

DAL VIRTUALE AL REALE - Il problema sta invece nel modo di funzionare dei motori di ricerca. Non sto qui a dilungarmi sul tanto celebrato algoritmo dei creatori di Google, che gli ha permesso di diventare ciò che sono. Consiglio di andarsi a leggere un ottimo libro di Alessandro Baricco, “I Barbari”, in cui tra i vari argomenti della modernità più attuale riflette in maniera elementare anche sulla base del pensiero che sta in questo algoritmo. Per dirla brevemente; Google consiglia per prime le pagine che hanno più visitatori. Per cui, mettiamo, se io cerco su internet un testo raro, troverò prima una versione cliccata da milioni di persone, ma niente mi garantisce che quel testo sia la versione migliore, che potrebbe trovarsi in un sito lituano, poco conosciutala lingua, poco conosciuto a dovere il documento, perché si tratta di una cosa da “specialisti”, ma disponibile da qualche parte, quasi introvabile.

Insomma: se ci sono pochi siti, funzionando i motori di ricerca con criteri statistici (cioè di quantità, e non di qualità), i pochi siti italiani rischiano di finire in fondo alla centoquarantaquattresima pagina di Google.

Se chi parla italiano, tra i madrelingua e gli stranieri (bilingui, figli di emigrati, studenti, appassionati), in totale non arriva neanche alla metà della metà di chi parla inglese, i siti italiani avranno ovviamente meno visite. Ciò non toglie che quel sito sia meno rappresentativo, e il “blog di Beppe Grillo” ne è la prova.

Ma la concezione quantitativa che sta alla base di internet, se può portare alla sparizione di molte lingue sulla rete, può per questo provocare, a lungo termine, la sparizione di queste lingue nella realtà; gli stranieri si troverebbero facilitati a conoscere altre lingue rispetto alla nostra, gli italiani potrebbero vedersi costretti, e in buona parte già lo sono, ad abbandonare l’italiano. Proprio perché internet è lo specchio del mondo reale. “la presenza ‘digitale’ di una lingua in applicazioni e servizi basati su Internet è ormai un elemento cruciale per mantenere la vitalità culturale di quella lingua.” Si legge ancora nel rapporto.

SPERANZA... E allora pubblicizziamo la ricerca, che ci incoraggia alla reazione dandoci dei mezzi concreti: “Per i prossimi decenni la comunità italiana deve fare uno sforzo sostanziale per creare risorse e strumenti linguistici per l’italiano in grado di trainare la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo in generale. In questo volume verrà presentata una introduzione alle tecnologie linguistiche e alle relative principali aree di applicazione, corredata da una valutazione dello stato attuale delle tecnologie linguistiche disponibili per l’italiano.”

 Nella speranza che il loro appello, che faccio mio, non cada inascoltato, a nel timore (certezza?) che sarà dimenticato tra poche settimane, e che forse il processo è già troppo oltre; l’inglese sta ormai entrando massicciamente nell’italiano, e lo sforzo dovrebbe essere nel reale, oltre che nel virtuale.

La prova? Il sito Meta-net è quasi completamente in inglese; e l’articolo che citiamo, scritto per denunciare la debolezza della lingua italiana, conclude:

“Informazioni aggiornate, come per esempio la versione attuale del vision paper di META-NET […] sono disponibili sul sito web di META-NET.”

CI TENGO a precisare che “vision paper” è un falso tecnicismo facilmente dicibile in italiano; e che “web” è proprio una parola in più, inutile – la parola “sito”, in italiano moderno, bastando per esprimere il concetto che l’inglese (lingua diversa dall’italiano) esprime con due: web-site. Non è una questione di “purezza” della lingua, ma di semplice “economia” del discorso, in questo come nella maggior parte dei casi in cui un italiano usa parole inglesi (pronunciate in modo che un inglese non capirebbe) nei suoi discorsi orali e scritti.

Dovremmo prima essere più italiani noi, cercare e creare siti di valore in italiano (molti italiani residenti in Italia lo fanno in inglese) essere cioè meno succubi di chi è potente in questo periodo storico, esser fieri proteggere e valorizzare la nostra lingua cultura paesaggio cucina… cosa che non pare possibile, e che secondo alcuni ci renderebbe non italiani; il che, oltre ad essere idiota crea un paradosso per cui l’unica soluzione possibile sarebbe perdere la propria identità come i paesi africani e americani colonizzati nei secoli scorsi.

Allora la domanda è, se l'italiano dovesse sparire dalla rete, dopo quanto tempo sarebbe a rischio di estinzione reale? Può sembrare una esagerazione, visto che le lingue durano secoli anche senza internet; oppure non lo è proprio per l'importanza che ha ormai internet, il saperlo usare, che implicherebbe sapere l'inglese, che implicherebbe, alla lunga, di non saper esprimere certi concetti che in inglese; cosa che già accade per alcune parole che, in realtà, un corrispettivo italiano ce l'avevano (o ce l'avrebbero). E quindi l'italiano, alla lunga, diventerebbe una lingua povera o meglio quotidiana, un "dialetto", che, alla lunga, parleranno solo i vecchi. 

Ma forse la lingua italiana ha detto tutto ciò che doveva dire... e buonanotte.

Ant.Mar.

sabato 13 ottobre 2012

DAY SURGERY: LA SEGNALETICA OSPEDALIERA



Un campo in cui l’invasione anglicista è tanto più preponderante quanto più fastidiosa e potenzialente dannosa, è la medicina; tanto che finalmente ci si è resi conto, ovviamente dopo anni di proteste di singoli cittadini (specie anziani) e nonostante la nostra cieca ammirazione per l'inglese, quanto quest’uso immotivato e irresponsabile (esagero?) sia pericoloso.
 
Margherita de Bac sul Corriere della sera, nell’articolo Via l’inglese e le sigle difficili la semplificazionedegli ospedali ci spiega che i problemi principali, oltre a un generale linguaggio “burocratese”, sono i termini inglesi e gli acronimi.

“La Uoc di cardiologia è al primo piano, accanto all'Uos di diabetologia, davanti al day hospital di medicina. Si trova sullo stesso piano dell'Uosd di chirurgia laparoscopica. Frastornato da inglese e acronomimi che la cartellonistica non sviluppa nella forma completa, il cittadino si disorienta e impiega più tempo del necessario per raggiungere la meta. Il letto dove dovrà ricoverarsi o l'ambulatorio per il controllo.”

Negli ospedali italiani ormai non si trova più il Pronto Soccorso, ma l’ emergency; bisogna però ammettere che dopotutto questo rimane comprensibile. In molti casi si trova il corrispettivo italiano; anzi spesso non si capisce neanche che bisogno ci sia di mettere in mezzo il termine inglese: Unit Stroke è semplicemente l'Unità Urgenza Ictus; che senso abbia dire unit stroke è un vero e proprio mistero, tanto più che, se di urgenza si tratta, si possono creare situazioni assai spiacevoli. Poi ci sono gli ormai familiari, e a prima vista intraducibili, check-up, pace maker, by-pass, pap-test, screening ...

Per questo l'assessore alla Salute della regione Toscana Luigi Marroni ha proposto al Festival della Salute, tenutosi recentemente a Viareggio: «Togliamo i termini incomprensibili dagli ospedali, bisogna assolutamente semplificare».

È d'accordo Massimo Cozza, Cgil medici Funzione pubblica, che aggiunge: «Però almeno sugli acronimi occorrerebbe intervenire. E' ora di uniformare la terminologia a livello nazionale. La gente non ci capisce nulla. L'unica parola che tutti conoscono è ticket. Oltretutto sbagliata. Si dovrebbe chiamare tassa per non ingannare. La traduzione letterale è biglietto».

Se è vero che bisogna intervenire sugli acronimi, non si possono liquidare gli anglicismi come il male minore. Bisognerebbe riflettere su questa assoluta accettazione di parole straniere, che ci infastidiscono meno degli acronimi pronunciati come parole, caratteristica peculiare dell’italiano moderno. Ma soprattutto vorrei che chi legge rifletta sulla situazione paradossale in cui si trova, diciamo, un minatore sardo che va in emergency per farsi un check-up che lo manda dritto in day surgery dove attraverso lo screening ecc ecc... puro Kafka. L’uso dell’inglese nei luoghi pubblici, specie burocratici politici e medici rasenta talvolta la cattiveria, e sembra spesso mirato a creare un muro che impedisca la partecipazione del cittadino, del malato.

“E' vero, il linguaggio medico è talmente tecnico e specialistico da essere normalmente accostato dagli studiosi a quello giuridico. Non a caso, i più noti dizionari moderni del settore accolgono fino a 150.000 lemmi, con oltre 10.000 acronimi e abbreviazioni.

Ma finalmente un moto di ribellione si è levato, soprattutto grazie alla protesta dei pazienti più anziani. E in Toscana, il grido d'allarme è stato ascoltato. La Regione ha deciso: cambiamo la toponomastica e semplifichiamo, togliamo i termini incomprensibili.

Facile? Non troppo, in realtà.”

Scrive il linguista Massimo Persotti nel suo Blog, dove ci consiglia sottilmente che le serie ospedaliere americane (E.R. per primo) devono aver innescato un meccanismo per cui Emergency ci suggerisce un servizio migliore del Pronto Soccorso. È vero che in certi casi non è facilissimo trovare un corrispettivo italiano: probabilmente tradurre peace-maker con pacificatore non è una buona mossa (anche se a me personalmente “suona bene”); in altri casi è in realtà più facile di quanto non sembri.

In un altro articolo ne abbiamo parlato: buona parte delle difficoltà che abbiamo quando ci proponiamo di tradurre quei lemmi inglesi che non sembrano traducibili, vengono proprio dal fatto che non sono traducibili, in effetti. Il problema è allora che, essendo quelle parole ormai radicate in noi, abbiamo un punto di partenza obbligato, colonizzato. Tradurre mouse, come “topo” non funziona; è come voler tradurre emergency con “emergenza”, mentre in italiano è preferibile "urgenza", anzi, “pronto soccorso”.

Ma la lingua italiana ha infinite possibilità datele dai suoi numerosi suffissi e prefissi; così già “topino” sarebbe più accettabile, un po’ come si dice “culetto” del pane, non il “culo” (almeno a Roma). Oppure si potrebbe semplicemente liberarsi dell’idea di partenza, inglese, e trovarne una diversa; e chiamarlo freccetta, o manina, (sempre col diminutivo, in quanto “freccia, o “mano”, mi pare, non funzionerebbero). O altro.

Questo è il tranello in cui casca Massimo Persotti quando afferma che “chirurgia giornaliera” per “day surgery” non convince. Questo è un tratto comune a tutti coloro che trattano l’argomento, la traduzione “non convince”, e allora pare chiuso il problema. Ma, innanzi tutto, non convince chi?

E poi, “chirurgia giornaliera” è una traduzione letterale che in italiano non funziona: tradurre letteralmente è quasi sempre un errore. “Chirurgia” in italiano indica la disciplina più che l’atto (operare) in sé; “giornaliero” indica che si fa DI giorno, non IN UN giorno, e allora certo che non convince. Non si traduce in italiano, si traduce dall’inglese in inglese!

 Bisogna invece cercare di essere meno pigri e soprattutto meno supini alla lingua prestigiosa di turno. Provo io a proporre 3 possibili corrispettivi che ritengo più convincente per day surgery: "ricovero rapido" "intervento veloce" "operazione in giornata".

Proponete nei commenti o su twitter (#cometradurresti) qualche altra traduzione, o provate a tradurre qualsiasi altro termine medico. Come direste ad esempio pace-maker?

Ant.Mar.