giovedì 31 gennaio 2013

IL DOPPIAGGIO ITALIANO È GIUNTO ALLA SUA FINE?



IL DOPPIAGGIO IN ITALIA: Ha fatto notizia recentemente che la versione in lingua originale sottotitolata - proiettata in una sola sala a Roma - del film Django Unchained, sta facendo ogni sera il tutto esaurito. Mentre, si noti lo squilibrio, in 23 sale si trova lo stesso film doppiato. Fa notizia, cioè, che gli italiani vadano al cinema a vedere film in lingua originale, che comincino a preferirlo al doppiaggio, come fanno in buona parte dell’Europa. Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile sollevare il problema doppiaggio si o doppiaggio no; oggi si trovano dei sondaggi sulla rete. Un’altra cosa che stupisce è che gli italiani risultano tra gli ultimi per conoscenza della lingua inglese. Che succede? E perché da noi il doppiaggio è più usato che altrove in Europa?

sabato 26 gennaio 2013

HASHTAG vs. MOT-DIESE



DA HASHTAG A MOT-DIÈSE: Ha fatto molto scalpore, in Italia (visto che in Francia non ne ha parlato quasi nessuno), la scelta “purista” dei francesi di tradurre la parola hashtag in mot-dièse (alla lettera: parola-diesis, o parola-cancelletto). La pubblicazione di questo nuovo lemma sul Journal Officiel de la Rèpublique française è avvenuto il 23 gennaio. Scelta giusta o sbagliata? Sono dei “nazionalisti linguistici”, i francesi? Senza alcun dubbio. Ma cosa li ha spinti a questa scelta, che molti (tutti?) in Italia reputano sconsiderata?

Mi sono fatto un’ideuzza: proprio pochi giorni prima dell’ufficializzazione della traduzione francese, il 7 gennaio, la American Dialect Society, un po’ l’equivalente dell’Accademia della Crusca per noi, ha deciso che la parola dell’anno 2012, nella loro lingua, è hashtag.

Con il crescere del successo di Twitter e l’aumento degli utenti che lo utilizzano con regolarità, il termine è diventato di uso comune per molti nell’ultimo anno. Negli Stati Uniti, qualche coppia particolarmente amante della rete sociale ha deciso addirittura di chiamare il proprio figlio Hashtag; e l’ultima edizione prima del passaggio al digitale del noto magazine Newsweek è stata intitolata con l’hashtag #LastPrintIssue

venerdì 25 gennaio 2013

SMS: STORIA, CARATTERISTICHE E PROBLEMI DELLA 'LINGUA DEI MESSAGGINI'

LA LINGUA SMS: Tra le conseguenze più evidenti delle nuove tecnologie sul linguaggio certamente la più chiara di tutte, la più “pubblicizzata” e la più criticata, è il linguaggio dei messaggini, o dei bimbominkia, per dirla con superiorità. Ma che c’è di male, esattamente, nello scrivere cmq o xké? Come è nata, come si è evoluta, che conseguenze ha, perché è così osteggiata, non solo in Italia ma in tutti i paesi occidentali, la lingua degli SMS (Short Message Service)?

Partiamo dall’inizio: Nel 1984, quando la sorte della scrittura sembrava nera, ormai abbandonata da gran parte delle popolazioni occidentali in favore dei media audiovisivi, Gian Paolo Caprettini descrisse la telefonata come una “lettera simultanea”. Ci aveva visto lungo, se quindici anni dopo esce lo studio di Naomi S. Baron (Letters by phone or speech by other means: the linguistic of email, «Language and communication») che si riferisce allo scritto vero e proprio, alla posta elettronica. La prima conseguenza dei messaggini, di cui subito  linguisti si sono accorti, è stata un ritorno massiccio allo scritto; di lì a poco internet avrebbe ingigantito il fenomeno. Quindi, il primo effetto dei messaggini è stato innegabilmente positivo.

Il primo messaggio fu inviato nel 1992 da un pc, in Inghilterra; e verso la fine degli anni Novanta del 20° secolo la scrittura di messaggini era già parecchio diffusa; di pari passo, ovviamente, col diffondersi dei telefonini GSM (Global System for Mobile communications). Ma è solo con il 21° secolo che il telefono è entrato a far parte a pieno diritto tra gli strumenti di scrittura; accanto a penna, macchina da scrivere e pc. Ancora nel 2002, infatti, uno dei primi saggi dedicati in Italia ai cosiddetti messaggini si intitolava "SMS. Straordinaria fortuna di un uso improprio del telefono". Vi pare di usare il telefono in modo improprio quando scrivete un messaggino?

CARATTERISTICHE: Inizialmente il messaggino non poteva superare i 160 caratteri, e non c’era il dizionario automatico: ogni lettera bisognava cercarla premendo più volte il tasto. Proprio da questo – cioè i limiti di spazio e la difficoltà di esecuzione – derivano i vari espedienti utili per scrivere in maniera più veloce e breve. Ma è riduttivo pensare che sia un linguaggio meccanicamente determinato dalle caratteristiche del mezzo. C’è qualcosa di più, una vivacità inaspettata nella lingua dei messaggini.

mercoledì 23 gennaio 2013

WIKIPEDIA: UN MILIONE DI VOCI IN LINGUA ITALIANA



La prima voce sull’edizione in lingua italiana di Wikipedia è stata creata nell’agosto 2001, sette mesi dopo la nascita dell’enciclopedia. Nel febbraio 2003 sono state raggiunte le mille voci, le 10.000 nel giugno 2004, le 100.000 nel settembre 2005. 

Da allora in media ogni giorno trecento nuove voci si aggiungono a quelle già presenti. Ogni mese ci sono più di mezzo milione di modifiche, dall’aggiunta di una singola virgola al rifacimento di intere sezioni: dalla nascita della versione italiana il numero complessivo di modifiche all’enciclopedia ha superato i 38 milioni. Ogni mese si iscrivono a Wikipedia quasi cinquecento persone: il numero totale di utenti registrati nel tempo ha raggiunto quota 800.000, di cui più di 8.000 hanno effettivamente contribuito nell’ultimo mese. Due terzi delle voci sono più lunghe di 1.000 caratteri, e un quinto supera i 4.000 caratteri.

E oggi, 22 gennaio 2013, Wikimedia Italia (WMI) ha annunciato che l’edizione in lingua italiana di Wikipedia ha raggiunto il traguardo di un milione di voci. La nostra lingua è la quinta a raggiungere questo traguardo, dopo inglese, tedesco, francese, e olandese.

Il traguardo raggiunto è davvero importante, e ci rende fieri del lavoro che è stato compiuto in poco più di dieci anni – afferma Maurizio Codogno, portavoce di Wikimedia Italia -. Siamo convinti che la quantità non debba essere disgiunta dalla qualità. Tantissime persone consultano l’enciclopedia, ma sono ancora pochi quelli che hanno il coraggio di correggere gli errori che trovano. Non possiamo essere esperti su tutto lo scibile umano, ma correggere un errore di ortografia è alla portata di tutti, e contribuisce ad avere un’opera sempre migliore”.

Difficile, comunque, individuare esattamente la milionesima voce pubblicata, comunica Wikimedia Italia. 

martedì 22 gennaio 2013

LA QUESTIONE LINGUISTICA NELL'UNIONE EUROPEA: RICAPITOLANDO.



LA QUESTIONE LINGUISTICA è decisamente uno dei temi “caldi” che L’Unione Europea tenta di affrontare, talvolta maldestramente. Sono molti i problemi che sono sorti e che continuano a spuntare ovunque nei confini comunitari legati ad aspetti tecnici (cioè strettamente linguistici), tecnologici e politici della lingua. Specialmente gli aspetti politici – la tutela dell’uso e la promozione della nostra lingua all’interno dell’Unione – stanno molto a cuore al nostro paese; cioè ai nostri rappresentanti a Bruxelles, di destra come di sinistra.

Il problema, dal punto di vista politico, è che, tutte le lingue ufficiali delle nazioni che fanno parte dell’UE, sono a loro volta lingue ufficiali e di lavoro dell’UE; ma tra queste l’inglese il francese e il tedesco sono di gran lunga privilegiate: gran parte dei documenti ufficiali sono scritti, per ragioni di tempi e di costi, in queste sole 3 lingue; su 23 quante sono le lingue ufficiali. L’inglese, inoltre, è lingua internazionale mondiale e, a parte per gli italiani che risultano penultimi – seguiti solo dai russi – per conoscenza della lingua, risulta di fatto la lingua privilegiata per la comunicazione internazionale. 

Soprattutto, l’inglese veicola la cultura dominante in questo periodo storico e, specialmente in Italia, l’ingresso di usi linguistici e di lessico anglosassone/americano nelle lingue comunitarie si fa sempre più pressante.

LE PROPOSTE RISOLUTIVE: Questa situazione provoca un certo numero di reazioni. Da un lato c’è chi milita perché venga adottata, per i documenti UE, solo una lingua (l’inglese) o un limitato numero di lingue ufficiali (guarda caso francese, inglese e tedesco); questo partito ha, di fatto, la meglio. Dall’altro lato, Italia e Spagna in prima linea, c’è chi non accetta che la propria lingua non venga adeguatamente rappresentata, e spinge perché siscriva e parli in tutte e 23 le lingue ufficiali; noi abbiamo portato a Bruxelles persino il dialetto. Questo secondo partito è presente e si fa sentire molto spesso: recentemente l’Italia ha ottenuto una sentenza favorevole dalla Corte Europea riguardo a questi temi.

In mezzo a questi due estremi, un terzo estremo, che è comunque, come gli altri, molto ragionevole per certi aspetti. È il partito di chi milita perché l’esperanto diventi la lingua internazionale mondiale, al posto dell’inglese. L’esperanto è una lingua artificiale e semplicissima creata prendendo parole di radice latina, germanica, greca e slava in modo che ameno una parte del lessico sia immediatamente riconoscibile a tutti (in occidente). In questo modo, dicono, si farà fronte alla “colonizzazione linguistica” (così dicono) dell’inglese, e all’abuso di potere di Francia Inghilterra e Germania. Sono persino contrari all’insegnamento dell’inglese a scuola: l’esperanto, bisognerebbe insegnare!

GIORNATA NAZIONALE DEI DIALETTI



Er diciassette de ggennaio sc’è stata ‘a ggiornata nazzionaleder dialetto, e io – che me ‘nteresso de ‘ste cose sia ppe’ piascere personale che pecché tengo ‘sto giornaletto – nun ce lo sapevo; pe’ favve capì quanto l’hanno pubblicizzata, ‘sta cosa. Comunque, l’intenti de ‘sta ggiornata, voluta e organizzata dall'Unione Nazionale della Proloco italiana, so’ ‘n pratica de diffonne e de faje piasce’ a’a ggente er dialetto loro, visto che, dicheno, ner monno sce sta ‘na lingua locale che sparisce ner nulla ‘ggni 14 ggiorni. E qquindi io, che so’ nato a Roma, me metto a fa’, in ritardo, un bell’articoletto in romanesco. Così, ppe’ divertimme.

‘A situazione di’i dialetti in Italia, ppe’ la verità, nun è che sia davero preoccupante: ner senzo che, se è vero che da’n lato l’italiani che lo sanno parlà ppe’ davero, er dialetto, so’ ormai scirca er quinnisci ppeccento; dall’artro lato tutti gli italiani usano la loro parlata regionale, e so’ caratterizzati da n’accento locale. Specie ar zud, ma pure nell’estremo norde. Ar punto ch’ii linguisti dicheno che stamo in “diglossia”, sarebbe a dì che semo ‘na specie de bilingui, e che semo capaci de sceje senza difficortà se parla’ dialetto o italiano.

Però, ‘a cosa che seconno me è a più interessante è er fatto che, ‘na vorta, ai tempi de li nonni nostri, parlà dialetto nun era ‘na bella cosa, pareva ‘na cosa da burini. Oggi invece er dialetto, o ‘a parlata regionale, c’ha ‘n zignificato diverso: oggi se sentimo tutti più sicuri sulla nostra competenza de lingua italiana, e quinni stamo a riscoprì er dialetto, che ha preso a esse considerato come na lingua de piascere, ‘a lingua d’a’amichi. Nun ve pare ne ficata?

Ortre a ‘sta cosa, che a me me pare davero ‘na bella cosa, ce ‘sta pure n’artro aspetto, che mo’ ve dico. Specialmente ar zud, e nelle zzone de l’estremo norde, tipo ‘n Veneto, er dialetto rippresenta ‘a lingua d’aa tradizione, d’ee radici. Pe’ favve capì, io, che so’ nato a Roma, ci’ho mi’ padre che è calabrese, e sibbene ch’abbita a Roma da tipo 30 anni,  se se mette a parlà cco’ l’accento romano, lo sgami subbito che nun è de Roma. Infatti, quanno parla co l’amichi sua calabbresi, oppure quanno se ‘ncazza, se ne esce cor dialetto suo. Ppe’ questo che io, fin da che ero regazzino, capisco er dialetto calabrese, e lo so pure parlà. Solo che se lo parlo, come mi padre cor romano, me sgami subbito che nun zo’ calabro. Però er calabrese rimane, pe mme, ‘na lingua c’arippresenta ‘e radici mie. Me ricorda mi nonna, er zole er mare, er peperoncino, ecc. A ppensacce bbene, è er dialetto l'unico legame che me resta c'aa tera de l'avi mia. Pe’ qquesto mo’ concludo st’articolo facennove legge ‘na poesia, ner mio dialetto calabrese, ccosì, pe’ omaggio. ‘Sta poesia, in più, parla proprio der dialetto: l’ha scritta un contadino semianarfabeta der paese de mi padre, Slavatore Filocamo. 
 'U  dialettu
Quandu Diu crijau l'omu no ndavia
professuri e maestri, e mancu scoli;
e perciò Adamu u leji non sapia,
no illi, no 'a mugghieri e no i figghioli.
Senza libri e quaderni, 'nchiostru e pinni
a tutti 'i cosi ed a tutti 'i nimali
si misi 'u nomu, comu vinni vinni:
accussì nesciu 'a parra dialettali.
E tutti i discendenti, i tandu 'n poi,
d'ogni pizzu d'a terra, d'ogni statu,
parraru ognunu c'u dialettu soi,
puru i curti d'i Re,m puru o Papatu.
'Nta'sti migghira d'anni chi passaru
vinnaru o mundu tanti crijaturi
e prima i tuttu u dialettu parraru;
povari e ricchi, gnuranti e ditturi.
Pecchi 'u dialettu esti com'o pani
chi facenu na vota, pani veru;
'u dialettu esti simprici e sinceru.
E' sinceru pecch' tutt'i palori
Chi nesciunu d'i labbra, boni e mali,
venino ddritti 'nta du cori
e sunnu veri, puru, naturali.
'Sta parra chi nesciu a para cu l'omu,
si, comu l'atti cosi, n'a guastamu
è ancora 'a stessa, tali e quali,
comu 'a parrau 'a prima vota Patri Adamu.
Ant.Mar.

domenica 20 gennaio 2013

CULTURA ITALIANA? MEGLIO IN INGLESE!



Federiga Bindi, Direttrice dell'IIC a Bruxelles

“La mia missione è promuovere la nostra cultura presso gli stranieri, non siamo il dopolavoro degli italiani, e il giorno in cui in questa sala non ci saranno italiani per me sarà una vittoria”.

Così risponde Federiga Bindi, Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura a Bruxelles alle obiezioni di chi lamentava che durante la presentazione del film “Girlfriend in a coma”, il 18 gennaio 2013, si parlasse in inglese fra italiani.

Ha ragione: gli istituti di cultura italiana all’estero non mirano a intrattenere gli italiani emigrati, come invece facevano i “dopolavoro” e le “case d’Italia” al tempo del fascismo; quando l’intento era non solo attirare e ‘fascistizzare’ le masse di emigrati, ma anche, e soprattutto, da farli restare italiani, con programmi mirati soprattutto per i bambini nati all’estero.

Oggi, non è più questo l’intento, per fortuna. Oggi, ciò che gli istituti di cultura italiana si propongono è, come giustamente afferma la Bindi, la promozione della nostra cultura presso gli stranieri, presso coloro che con l’Italia non hanno niente a che fare; presso quei pochi che si interessano alla nostra immensa cultura e tradizione. Proprio per questo una delle attività più importanti degli istituti di cultura è l’insegnamento della lingua italiana come lingua straniera.

Dunque, non dev’essere stata una bella giornata per la direttrice dell’istituto di cultura italiana a Bruxelles, visto che la stragrande maggioranza dei presenti era di nazionalità italiana, cosa che ha portato al paradosso di vedere italiani, in una città francofona, parlare inglese tra di loro. Il trionfo del cosmopolitismo! Ma la missione, dal punto di vista della Bindi, è tutt’altro che compiuta: l’istituto da lei diretto non attira gli stranieri.

Pertanto è lecito chiedersi: dove ha sbagliato Federiga Bindi, che voleva attirare gli stranieri e si è ritrovata circondata da connazionali? 

martedì 15 gennaio 2013

LO SPAGNOLO DIVENTERÀ LA LINGUA PIÙ PARLATA AL MONDO?


ESP: Con cerca de 500 millones de hablantes, la lengua española es hoy, tras el chino, la segunda lengua del mundo por número de usuarios. Y es el segundo idioma de comunicación internacional, detrás del inglés. Dentro de tres o cuatro generaciones, el 10% de la población mundial se entenderá en español. Estados Unidos será el país con mayor volumen de población hispanohablante del planeta, por delante de México.

Nell’ultima relazione che annualmente viene pubblicata dall’istituto spagnolo Cervantes, promotore e diffusore dell’idioma e della cultura ispanica nel mondo, presente a livello mondiale in  77 città, è dato sapere che la lingua iberica gode come non mai di gran salute.

Nel mondo, riporta la relazione presentata  dal direttore dell’istituto Víctor García de la Concha, e dal  Ministro di Affari Esteri e di Cooperazione, José Manuel García-Margallo, le “bocche” che parlano lo spagnolo nel mondo sarebbero arrivate alla cifra record di 495 milioni.

L’idioma “Iberico” è la seconda lingua del mondo per numero di “utenti” dopo il cinese, ed è anche la seconda lingua di “comunicazione internazionale”dopo l’inglese. Si calcola che al passo attuale fra tre generazioni il 10% della popolazione mondiale comunicherà in spagnolo, e gli USA concentreranno un folto bacino di persone che lo parleranno, superando addirittura il vicino Messico.

Non è da  meno in internet.

Attualmente lo spagnolo occupa il terzo posto dopo l’inglese ed il cinese. La sua presenza nella rete registra una crescita del 800 % negli ultimi 10 anni. Un vero e proprio boom riscontrabile anche nelle piattaforme sociali più famose, quali Twitter e Facebook dove  i risultati ricalcano  quelli del mondo reale.

Dati sorprendenti anche in Asia. In Cina ad esempio gli studenti che   studiano lo spagnolo sarebbero arrivati ad essere circa 25.000, lasciando all’orizzonte la cifra ben inferiore di circa 1500 studenti,  che si registrava 12 anni fa.

Lo spagnolo che mi piace tantissimo e che trovo veramente straordinario specialmente se applicato nella poesia o in certe canzoni melodiche,  si sta espandendo a macchia d’olio ed è dimostrato  questo  anche dalla crescita che sta registrando lo stesso istituto, il quale  annualmente vede nelle proprie sedi un più 8% di studenti volenterosi di unirsi al già folto gruppo di “hispanohablantes”  nel mondo.

(fonte: this is cuba.net)

venerdì 11 gennaio 2013

COLONIALISMO E INDIPENDENTISMO LINGUISTICI IN EUROPA



Consigli Federale a Berna

BERNA – il 9 gennaio è stata consegnata al presidente del Consiglio federale della Svizzera una petizione che chiede una maggiore considerazione a livello confederale della lingua italiana. Avevamo trattato la questione in questo articolo dell’undici novembre scorso in occasione delle giornate d’incontro “L’italiano in Svizzera: lusso o necessità?”, svoltesi il 16-17 novembre 2012 all’Università di Basilea.

Le firme raccolte durante questi incontri sono quasi 2.000, per chiedere al Consiglio federale di garantire che le lingue nazionali abbiano una chiara prevalenza rispetto alle altre, come per esempio l'inglese. Di particolare interesse è l’immediata reintegrazione di un delegato addetto al plurilinguismo, il quale deve possedere appropriate competenze ed essere sostenuto con adeguate risorse finanziarie.

La vicenda ci dà l’opportunità di fare una piccola serie di riflessioni. Innanzi tutto per ribadire lo stretto legame tra lingua e identità, e quindi politica. Ne sia prova la recente polemica per quanto riguarda la denominazione di ‘linguaex-jugoslava’ per il gruppo di lingue serbo-croato. Eterno il conflitto tra fiamminghi e francofoni in Belgio, e gli ultimi conflitti risalgono a pochi mesi fa; una delle pretese principali degli indipendentisti di Barcellona è la questione linguistica; che proprio nelle ultime settimane vive una sorta di rivoluzione indipendentista ecc.

martedì 8 gennaio 2013

LERICI: UN CALENDARIO IN INGLESE PER ONORARE LA TRADIZIONE



“Dalle pagine di questo calendario abbiamo voluto ripercorrere, ad ottant’anni di distanza, le tappe di quella che fu un’impresa straordinaria

affermano il sindaco Caluri e l’assessore Tartarini, che sono intervenuti alla presentazione del calendario dell’amministrazione comunale a Lerici, dedicato quest’anno alla grande impresa del transatlantico Rex, che nel 1933 vinse il prestigioso trofeo Nastro Azzurro per la più veloce traversata dell’Atlantico. All’evento, vista l’importanza politica ed economica di ogni presentazione di un caendario, hanno partecipato anche il Presidente della Società Marittima di Mutuo Soccorso Bernardo Ratti, il responsabile culturale della Marittima Beppe Milano e Beppe Mecconi, che ha curato le pagine del calendario con la collaborazione di Walter Bilotta per il supporto fotografico.

Fu proprio un comandante lericino, Francesco Tarabotto, riconosciuto come il più famoso fra i naviganti di una lunga tradizione lericina di gente di mare, a compiere l’impresa. Per questo il sindaco afferma che “nel ricordare l’anniversario dell’impresa che ci ha reso celebri nel mondo, vogliamo anche rendere omaggio alla nostra tradizione, che da secoli ci accompagna e ci caratterizza, grazie al valore dei molti lericini che come il Comandante Tarabotto, hanno scritto la storia dei mari. A questo proposito- prosegue il sindaco - stiamo valutando di organizzare proprio a Lerici, una serie di manifestazioni dedicate alla nostra grande tradizione marinara e in onore a molti dei nostri comandanti e uomini di mare”  

Quale modo migliore, dunque, per onorare la propria tradizione se non traducendo tutto il calendario in inglese? Eh già, con grande fatica, ben due traduttori Elisa Calvo e Matteo Cantile hanno tradotto ogni brano, per fare un calendario bilingue. Così tutti gli anglofoni interessati al calendario de comune di Lerici, potranno leggerlo e capirlo. Devono essere tantissimi.

Soprattutto per onorare quelli che vengono definiti dal sindaco “uomini di mare”, e la tradizione che li rappresenta, si fa un calendario in inglese: mica nel dialetto della povera gente marinara di Lerici. Operazione che, intendiamoci, sarebbe stata altrettanto assurda, anche se opposta al farla in inglese. Ma quantomeno un po’ più coerente, se si afferma di voler fare omaggio alla propria tradizione, non italiana, ma particolare e locale.

Fare una seconda versione in inglese, sarebbe stato molto meglio secondo me: imporre la lingua inglese su un calendario comunale non mi piace. Ma è una cosa da niente, non importa, giusto? Ma sommatela a tutte le altre piccole paroline e usi e inutilità finto americane che ronzano nel nostro modo di parlare …
Ant.Mar.

A BRUXELLES SI PARLERÀ 'EX-JUGOSLAVO'

Le lingue dell'area dell'ex Jugoslavia
Tornerà in auge il serbo-croato? C'è chi, in vista dell'ingresso di Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro nell'Unione europea propone un'unica denominazione. Ma non tutti, ovviamente, concordano

Recentemente il linguista tedesco Michael Schazinger, membro dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ha proposto di riunire le lingue serbo, croato, bosniaco e montenegrino sotto un'unica denominazione: “lingua ex-jugoslava”...

Non si può ad oggi dare molto credito a questa proposta dato che la sua validità scientifica non sarà dibattuta sino a quando tutti i paesi in cui si parla il serbo-croato non faranno parte dell'Unione europea. Ma, in seno all'UE, esiste una tendenza a raggruppare queste lingue – ad oggi se ne contano 4 – sotto lo stesso nome. Nessuno può sapere se alla fine si continuerà ad utilizzare il termine serbo-croato, come di fatto ancora avviene in numerose università europee, o si passerà all'abbreviazione BCMS (bosniaco-croato-montenegrino-serbo) o se si troverà una terza soluzione.
E' ciononostante interessante sottolineare come in Serbia non vi siano istituzioni che ufficialmente si debbano occupare della propria lingua all'estero o anche sul piano interno.

In Croazia invece il ministero per l'Educazione e lo Sport